Questa brutale crescita della tecnologia s’accompagnerebbe a un "punto" nella storia, a una "piega", o meglio a una "singolarità". Vernor Vinge, ricercatore americano e autore di fantascienza, utilizzò questo termine per descrivere il fenomeno nel suo articolo del 1993 The Coming Technological Singularity; si tratta di una parola tratta dalla fisica, nella quale la nozione di singolarità gravitazionale si riferisce a quelle regioni dello spazio-tempo dove la curvatura diventa infinita (pensate ad un cono), e in questo modo sfuggono alle apparecchiature di misura. Quindi, si immagina che, una volta raggiunta questa singolarità, anche la linea del progresso diverrà infinita e sfuggirà ai nostri attuali parametri. Per alcuni, ad esempio i transumanisti, la singolarità segna la fine dell'umanità come noi la conosciamo e l'avvento di una sorta di sua evoluzione robotica; per altri, ispirati dal concetto di "noosfera" del gesuita Teilhard de Chardin, equivale all'avvento di un'età dorata dove l'informazione e la comunicazione diventano senza barriere. I più allarmisti sono del parere che le macchine ci sostituiranno in un batter d'occhio, e qui si ritrova l'ambiguità dei racconti apocalittici nei quali si tenta di far coincidere allo stesso tempo distruzione e rivelazione, morte e rinascita, fine e inizio
Ci si domanda in che modo gli scienziati e i vari protagonisti di questo "movimento di pensiero" garantiscono la scientificità della singolarità tecnologica. In effetti, per certi versi - e non si mette in discussione la competenza degli scienziati - l'idea parrebbe ingenua e sembra poggiare su delle ipotesi anzichè delle leggi. I paladini della singolarità tecnologica s'ispirano alla cosiddetta "legge di Moore", secondo cui la complessità dei semiconduttori, e dunque la potenza di calcolo dei computer, crescerebbe a un ritmo esponenziale: il numero dei transistor nei microchip raddoppierebbe ogni 18 mesi. E' come dire che se su un campo coltivabile raccogliete 10 patate nel gennaio 2002, ne raccogliete 20 nel giugno 2003, 40 nel gennaio 2005, 80 nel giugno 2006, 160 nel gennaio 2008, 320 nel giugno 2009, e così via. Si comprende che le quantità diventano presto enormi, e anche, a partire da un certo punto "infinite", o quasi. Ray Kurzweil, autore del libro The singularity is near: when Human transcends Biology (2005), parla di un accelerating change, di un cambiamento in accelerazione. Si comprende che avvicinarsi a un tale livello di crescita, soprattutto se si parla di "quantità di sapere" o "quantità di intelligenza", dovrebbe avere delle conseguenze concrete e immediate per i nostri modelli di vita. Ciò che, appunto, Vernon Vinge e i suoi seguaci chiamano "singolarità tecnologica", facendo immaginare una rivoluzione paragonabile a quelle neolitica e industriale, perfino sorpassandole.
Tutto questo può sembrare o molto eccitante o molto angosciante, ma vediamo che la storia ha l'antipatica tendenza a non seguire delle leggi matematiche astratte. Innanzitutto, gli investimenti economici per la ricerca seguono le motivazioni umane e non quelle di un'idea teorica di progresso; inoltre, e soprattutto, vi è una barriera data dalla miniaturizzazione, cosicchè, secondo le stesse parole di Gordon Moore - co-fondatore di INTEL e autore della legge che porta il suo nome - l'evoluzione digitale percorrerà la scala atomica. A un certo stadio del suo sviluppo, secondo le previsioni, è a misura di atomo che - in un prossimo futuro - fabbricheremo i nostri microprocessori..
L'oggetto di tutte le brame scientifiche e finanziarie c'è già, dunque, e rappresenta un mercato potenziale in termini di cifre a nove zeri. Questo mercato è quello delle nanotecnologie. Si tratta di riuscire a costruire delle macchine, se possibile intelligenti, dei robot, alla scala di un nanometro (per ordine di grandezza, ci sono 1 000 000 di nanometri in un millimetro). Per produrre queste macchine, bisogna essere capaci di manipolare la materia atomo per atomo. Questa prospettiva è stata evocata dal 1959 dal fisico Richard Feynman durante la sua conferenza There’s Plenty of Room at the Bottom. Da allora, i ricercatori si sono dedicati a questo nuovo campo. Nel settembre 1989, Donald Eigler e Erhard Schweizer, ricercatori presso IBM, annunciano che sono giunti a spostare la materia atomo per atomo, componendo la sigla IBM con l'aiuto di 35 atomi di Xeno disposti su una superficie di Nickel.
In seguito, le speculazioni al riguardo si sono moltiplicate, e le più audaci evocano la possibilità di "riprogrammare" la materia, trasformando così il mondo reale in un mondo virtuale, malleabile e modificabile secondo i nostri desideri. Una simile prospettiva è vertiginosa. E infatti solo il 29,5 % degli americani vede come "moralmente accettabile" la manipolazione della materia atomo per atomo (sondaggio presentato nel 2008 da Dietram Scheufele).
Anthony Berglas, in Artifical Intelligence will Kill our Grandchildren (2008), difende l'idea secondo cui una macchina - non essendo nè immortale nè incarnata - non avrebbe affatto bisogno di sviluppare un sentimento come l'amore, il quale, secondo il piano evoluzionista, assicura la riproduzione della specie. Simili concezioni portano a riflessioni sorprendenti sulla nostra condizione mortale e sul nostro rapporto col tempo. Come si può concepire l'equivalente di una coscienza che non avrebbe il rapporto col tempo tipico di un essere umano mortale? Una coscienza che si svilupperebbe in una pura atemporalità, fuori dal tempo?
Ma pazientiamo, perchè la risposta non è lontana se si crede a Vernon Vinge: "Sarò sorpreso se questo avvenimento succede prima del 2005 o dopo il 2030" (1993).
Quello che Kurzweil chiama the law of accelerating returns si può schematizzare nei seguenti punti:
Fonti:
(Ignorate alcune scene)
Tutto questo può sembrare o molto eccitante o molto angosciante, ma vediamo che la storia ha l'antipatica tendenza a non seguire delle leggi matematiche astratte. Innanzitutto, gli investimenti economici per la ricerca seguono le motivazioni umane e non quelle di un'idea teorica di progresso; inoltre, e soprattutto, vi è una barriera data dalla miniaturizzazione, cosicchè, secondo le stesse parole di Gordon Moore - co-fondatore di INTEL e autore della legge che porta il suo nome - l'evoluzione digitale percorrerà la scala atomica. A un certo stadio del suo sviluppo, secondo le previsioni, è a misura di atomo che - in un prossimo futuro - fabbricheremo i nostri microprocessori..
L'oggetto di tutte le brame scientifiche e finanziarie c'è già, dunque, e rappresenta un mercato potenziale in termini di cifre a nove zeri. Questo mercato è quello delle nanotecnologie. Si tratta di riuscire a costruire delle macchine, se possibile intelligenti, dei robot, alla scala di un nanometro (per ordine di grandezza, ci sono 1 000 000 di nanometri in un millimetro). Per produrre queste macchine, bisogna essere capaci di manipolare la materia atomo per atomo. Questa prospettiva è stata evocata dal 1959 dal fisico Richard Feynman durante la sua conferenza There’s Plenty of Room at the Bottom. Da allora, i ricercatori si sono dedicati a questo nuovo campo. Nel settembre 1989, Donald Eigler e Erhard Schweizer, ricercatori presso IBM, annunciano che sono giunti a spostare la materia atomo per atomo, componendo la sigla IBM con l'aiuto di 35 atomi di Xeno disposti su una superficie di Nickel.
In seguito, le speculazioni al riguardo si sono moltiplicate, e le più audaci evocano la possibilità di "riprogrammare" la materia, trasformando così il mondo reale in un mondo virtuale, malleabile e modificabile secondo i nostri desideri. Una simile prospettiva è vertiginosa. E infatti solo il 29,5 % degli americani vede come "moralmente accettabile" la manipolazione della materia atomo per atomo (sondaggio presentato nel 2008 da Dietram Scheufele).
Anthony Berglas, in Artifical Intelligence will Kill our Grandchildren (2008), difende l'idea secondo cui una macchina - non essendo nè immortale nè incarnata - non avrebbe affatto bisogno di sviluppare un sentimento come l'amore, il quale, secondo il piano evoluzionista, assicura la riproduzione della specie. Simili concezioni portano a riflessioni sorprendenti sulla nostra condizione mortale e sul nostro rapporto col tempo. Come si può concepire l'equivalente di una coscienza che non avrebbe il rapporto col tempo tipico di un essere umano mortale? Una coscienza che si svilupperebbe in una pura atemporalità, fuori dal tempo?
Ma pazientiamo, perchè la risposta non è lontana se si crede a Vernon Vinge: "Sarò sorpreso se questo avvenimento succede prima del 2005 o dopo il 2030" (1993).
Quello che Kurzweil chiama the law of accelerating returns si può schematizzare nei seguenti punti:
- lo sviluppo applica le risposte positive, in quanto metodo migliore derivato da una fase di progresso. Queste risposte positive costituiscono la base per il successivo sviluppo;
- di conseguenza il tasso di progresso di un processo evolutivo aumenta esponenzialmente col tempo. Col tempo l'ordine di grandezza delle informazioni che vengono incluse nel processo di sviluppo aumenta;
- di conseguenza il guadagno in termini di tecnologia si incrementa esponenzialmente;
- in un altro ciclo di risposte positive, di un particolare processo evolutivo, queste vengono utilizzate come trampolino di lancio per un ulteriore progresso. Ciò provoca un secondo livello di sviluppo esponenziale e il processo di sviluppo esponenziale cresce esso stesso in maniera esponenziale;
- lo sviluppo biologico è anch'esso uno di tali sviluppi;
- lo sviluppo tecnologico fa parte di tale processo evolutivo. Effettivamente, la prima tecnologia che ha generato la specie ha costituito la base per lo sviluppo della tecnologia successiva: lo sviluppo tecnologico è una conseguenza ed una continuazione dello sviluppo biologico;
- un determinato paradigma (=metodo) (come per esempio l'aumento del numero di transistor sui circuiti integrati per rendere più potenti i calcolatori) garantisce crescita esponenziale fino a che non esaurisce il suo potenziale; dopo accade un cambiamento che permette allo sviluppo esponenziale di continuare.
Fonti:
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