Il giovanissimo Albert |
In attesa della drammatica notizia, fuori dall'ospedale stazionano diversi studenti del professore, un paio di colleghi e qualche giornalista che è riuscito ad avere lo scoop. Si è spento il più grande scienziato del secolo e la prima pagina è d'obbligo, il mondo è in fermento per la sorte dell'uomo ricoverato da due giorni. Lo stesso Einstein era consapevole che la sua morte avrebbe rappresentato un colpo per studenti e studiosi di tutto il mondo che vedevano nel genio di Ulm un mentore, una guida e temeva che si sarebbero tutti precipitati sulla sua tomba in cerca di ispirazione.
Questo non doveva avvenire. Aveva lasciato chiare disposizioni testamentarie in proposito, per far rispettare le quali Otto era lì apposta: i suoi scritti erano destinati all' Università ebraica di Gerusalemme, il violino al nipote Bernhard Caesar e il suo corpo al vento. Niente tombe, niente reliquie, niente luoghi di culto o mete di peregrinazione. Per questo quei tre sono in attesa fuori dalla porta. Aspettano che siano espletate tutte le formalità - l'autopsia, una breve e intima cerimonia funebre, la cremazione - e poi prenderanno l'urna con le ceneri dello scienziato, si metteranno in macchina, attraverseranno i confini del New Jersey e, una volta in Delaware, la rovesceranno in un luogo non ancora stabilito. E così fanno, lo stesso 18 aprile. Solo che al loro rientro trovano una sorpresa.
Circola voce infatti che il patologo responsabile dell'autopsia di Einstein, Thomas Harvey, non abbia rimesso esattamente tutto a posto prima di mandare il corpo al forno crematorio. Si sarebbe tenuto per se un pezzetto, quello che molti riterrebbero il più importante: il cervello. Lo conferma lo stesso Harvey il giorno dopo in una conferenza stampa, durante la quale spiega che il suo obiettivo è quello di studiare il cervello del genio e regalarne i segreti alla scienza. Il patologo viene immediatamente allontanato dall'ospedale (e sarà definitivamente licenziato dopo un paio d'anni), Otto Nathan lo accusa di essere un “ volgare ladro”, e la famiglia, dopo aver espresso sorpresa, disappunto, delusione, semplicemente decide di lasciar correre a patto che il medico condivida la sua “ materia di studio” con altri ricercatori.
Così dopo averlo ben fotografato, Harvey prepara 240 vetrini con campioni di diverse aree del cervello di Einstein e li mette a disposizione di chi ne avrebbe fatto richiesta a scopo di studio. Il restante, la parte più grande, torna nel vaso di formaldeide dove il patologo aveva riposto il cervello appena rimosso dal cranio dello scienziato.
Qui dimora per circa quattro decadi nella casa del medico, seguendolo nei suoi vari spostamenti da un capo all'altro degli Stati Uniti, prima di essere restituito dallo stesso Harvey nel 1998 all'ospedale di Princeton.
Qualcuno però si lascia tentare dall'idea di avere nel fuoco del proprio microscopio il cervello di Einstein. La prima è, nel 1985, Marian Diamond, una neuroscienziata della University of California – Los Angeles(Ucla), che contatta il patologo per avere alcuni dei campioni. Li riceverà per posta qualche mese dopo e studiandoli scoprirà che, oltre ad essere più leggero della media (circa 1.200 grammi), manca completamente di una parte, la fessura di Silvio e quindi ha due aree del cervello più unite tra loro.
Dopo il via dato da Diamond, anche altri ricercatori si dedicano a studiare il cervello di Einstein comeSandra Witelson, della McMaster University, in una ricerca pubblicata da Lancet, o Jorge Colombodella Ucla, in uno studio su Brain Researches Review. Altre differenze vengono riscontrate nel corso di questi anni tra il cervello di Einstein e uno “normale”: un numero maggiore di cellule gliali che riforniscono i neuroni di nutrienti, una corteccia cerebrale più sottile ma più satura di neuroni, ealcune aree più estese rispetto alla popolazione media.
Tuttavia è ben difficile credere che a queste poche differenze anatomiche, riscontrate nel cervello di una persona di 76 anni, possano essere ricondotte tutte le capacità di Einstein: dal genio all'intuizione, dalla capacità di ragionamento, a quella di individuare immediatamente il nodo centrale delle questioni fino al talento musicale. Ci sono meccanismi che, nonostante gli enormi progressi ottenuti finora nel campo delle neuroscienze, ancora restano segreti. Del resto, per lo meno per quanto riguarda lo scienziato tedesco, non è neanche necessario scoprirli. Lui stesso ha svelato il suo segreto mentre ancora era in vita: “ Non ho nessun talento particolare, sono solo profondamente curioso”.
Fonte: Wired
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