lunedì 25 luglio 2011

L'esistenza di civiltà extraterrestri è poco probabile

L'equazione di Drake è una di quelle rare bestie matematiche che è diventata ormai parte della coscienza pubblica. Si tratta di una formula per stimare il numero di civiltà extraterrestri che potremmo essere in grado di rilevare oggi o nel vicino futuro.

Illustrazione dell'equazione di Drake
L'equazione è stata creata da Frank Drake, dell'Università della California, nel 1960. L'astronomo stava tentando di quantificare il numero chiedendosi che frazione di stelle avesse pianeti, quale frazione di questi pianeti potrebbe essere abitabile, quale di queste potrebbero aver sviluppato la vita e infine in quanti casi la vita è arrivato al livello di esseri in grado di creare una civiltà.

Molti dei numeri di questa equazione sono poco più che numeri sparati a caso. Per esempio, il numero di civiltà aliene che possiamo rilevare varia moltissimo dalla frazione di quelle civiltà che si autodistruggono con la propria tecnologia, attraverso guerre nucleari per esempio. Ovviamente non abbiamo alcun modo per capire questa cifra.

Nonostante questo, molti scienziati hanno tentato di arrivare ad una stima, e questa stima va da qualche decina di civiltà aliene a decine di migliaia.

Ma nonostante le grandi incertezze dell'equazione di Drake, un valore è sempre stato dato per molto affidabile: La probabilità che la vita emerga su un pianeta in una zona abitabile intorno alla propria stella. Sulla Terra, la vita è nata circa 3.8 miliardi di anni fa, soltanto pochi milioni di anni dopo che il pianeta si era raffreddato abbastanza da permetterlo.

Essendo questo l'unico posto dove sappiamo si sia mai sviluppata la vita, è l'unico caso che possiamo usare come riferimento. Così gli astrobiologi hanno pensato che, siccome qui la vita è nata presto nella storia del pianeta, è probabile che emerga allo stesso modo anche altrove, nelle stesse condizioni.

Oggi, David Spiegel dell'Università di Princeton, insieme a Edwin Turner, dell'Università di Tokyo, spiegano che questo modo di pensare è sbagliato. I due hanno usato un paradigma interamente diverso, chiamato "ragionamento Bayesiano", per mostrare che l'emergenza della vita sulla Terra è consistente con l'idea che la vita sia arbitrariamente rara nell'universo.

A primo sguardo, potrebbe sembrare contro-intuitivo, ma se c'è una cosa che il ragionamento Bayesiano ci dice, è che possiamo facilmente ingannarci nel pensare alle cose come molto più probabili di quello che davvero sono.

Spiegel e Turner indicano che il nostro modo di pensare riguardo all'origine della vita è stato pesantemente viziato dal fatto che siamo qui per osservarla e studiarla. Ci sono voluti 3.5 miliardi di anni per avere la vita Intelligente sulla Terra, quindi, l'unico modo possibile perché sulla Terra si arrivasse alla vita intelligente in tempi utili, è che la vita abbia avuto un inizio veloce. Ma questo è un punto di vista viziato ed interamente indipendente dall'attuale probabilità che la vita emerga su un pianeta abitabile.

"In altre parole, se l'evoluzione richiede 3.5 miliardi di anni per arrivare dalle forme più primitive di vita alle forme senzienti, allora dovevamo trovarci su un pianeta dove la vita è emersa relativamente presto, e questo a prescindere dal valore della "probabilità che la vita si sviluppi in un'unità di tempo" " spiegano Spiegel e Turner.

Quando si esclude questo vizio tecnico, si può vedere che la vera probabilità che la vita emerga è consistente con l'idea della vita come arbitrariamente rara. In altre parole, il fatto che la vita sia emersa almeno una volta sulla Terra è interamente consistente con il fatto che possa essere successo solo qui.

Quindi, dopo tutto, potremmo anche essere da soli.

Un argomento che sicuramente fa molto riflettere. E' facile farsi trarre in inganno dalla prova della nostra propria esistenza. Quello che Spiegel e Turner hanno dimostrato è il vero valore matematico di questa prova.
Ovviamente, questo non significa che siamo davvero da soli; significa solo che le prove che abbiamo a disposizione non possono dirci altro.

Se le prove cambieranno in futuro, cambierà anche la probabilità.

Ci sono due modi per trovare nuove prove. La prima e cercare segni di vita su altri pianeti, magari usando biomarcatori (sostanze che indicano la presenza della vita) nelle loro atmosfere. La capacità di iniziare a fare questi studi dovrebbe essere alla nostra portata già entro pochi anni.

Il secondo modo è più vicino alla nostra casa. Se troviamo prove che la vita è emersa indipendentemente più di una volta sulla Terra, allora potremmo avere una buona prova per aumentare le probabilità.

In entrambi i sensi, il dibattito intorno a questi risultati diventerà un grande topic della ricerca astrobiologica, nei prossimi anni, e cambierà di continuo man mano che troveremmo, o non troveremmo, alcuna indicazione utile in merito.

Fonte: Link2Universe

Poco probabile, non impossibile!

Approfondimento:

Il grafico mostra come cambierebbe la probabilità nel caso si scoprisse la vita anche su Marte. 

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