Un simpatico esemplare di felino |
I paradossi della meccanica quantistica, tra cui il famoso "gatto di Schrödinger", continuano a far discutere la comunità dei fisici. E a quanto pare è ancora in voga l’esperimento mentale tanto caro ad Einstein e colleghi, almeno stando a quanto hanno postato su arXiv Christoph Simon, fisico dell’Università di Calgary, e colleghi.
Erwin Schrödinger, un dei padri della meccanica quantistica, formulò il suo paradosso nel 1935 per mettere il luce l’apparente assurdità del principio di sovrapposizione, secondo cui un oggetto quantistico non osservato può trovarsi in più stati differenti (più precisamente in una sovrapposizione di stati differenti).
Egli propose una situazione immaginaria in cui una scatola contiene un nucleo radioattivo, un contatore Geiger, una fiala di gas e un gatto. Il contatore Geiger è predisposto per rilasciare il gas velenoso, in grado di uccidere il gatto, se rivela una qualunque radiazione derivante da decadimento nucleare. Il sistema segue in definitiva le regole della meccanica quantistica, perché il decadimento nucleare è un processo quantistico.
Se l’apparato viene osservato dopo qualche tempo, il nucleo potrebbe essere decaduto o meno, e in definitiva il gatto può essere o meno morto. La meccanica quantistica ci dice però che, prima che l’osservazione venga fatta, il sistema è in una sovrapposizione di entrambi gli stati: il nucleo è decaduto e non decaduto, il veleno rilasciato e non rilasciato e il gatto è sia vivo sia morto.
Il paradosso di Schrödinger serve a esemplificare il fenomeno di "micro-macro entanglement", in cui la meccanica quantistica permette in linea di principio che un oggetto microscopico e uno macroscopico possano avere una relazione molto più stretta di quanto permesso dalla fisica classica.
La via più comune per evitare questo problema è fare appello al concetto di de-coerenza quantistica, per cui le interazioni multiple tra un oggetto e l’ambiente circostante distruggono la coerenza della sovrapposizione di stati e dell’entanglement. Il risultato è che l’oggetto appare obbedire alla fisica classica, anche se è in realtà soggetto alle regole quantistiche.
In quest’ultimo studio, Simon e colleghi si sono chiesti che cosa succederebbe se la decoerenza non influenzasse il gatto.
In un esperimento mentale e con l’aiuto di simulazioni al computer, i fisici hanno considerato coppie di fotoni (A e B) generate dalla stessa sorgente con polarizzazioni uguali e opposte. Che viaggiano in direzioni opposte.
Per ciascuna copia di fotoni, A è inviato direttamente verso il rivelatore mentre B viene duplicato molte volte da un amplificatore per generare un fascio di luce macroscopica che sostituisce il gatto. La polarizzazione dei fotoni in questo fascio di luce può essere così misurato.
I ricercatori hanno considerato due tipi di amplificatori differenti: il primo misura lo stato del fotone B, il che ha l’effetto di distruggere l’entanglement con A, prima di produrre ulteriori fotoni con la polarizzazione misurata del fotone B, qualunque essa sia (questo processo è l’analogo dell’osservazione del contatore Geiger per vedere se ha rivelato una qualunque radiazione e per decidere se il gatto è rimasto ucciso o meno).
Il secondo amplificatore semplicemente copia il fotone B senza misurarne lo stato, preservandone così l’entanglement con A.
La domanda a questo punto è la seguente: le polarizzazioni dei fotoni misurate possono differire a seconda dell’amplificatore utilizzato? Nell’esperimento si è riscontrato che i risultati sono assai differenti, purché si raggiunga una risoluzione adeguata. Purtroppo, però, con le attuali tecniche sperimentali la differenza non può essere osservata.
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