domenica 25 dicembre 2011

La teoria dell'Uncanny Valley

Un oggetto si dice antropomorfo quando ha un aspetto simile all'uomo o che ricorda sembianze umane. Prendiamo ad esempio una bambola, a chi di noi non è mai capitato di guardare una bambola e di esclamare: “è davvero inquietante!” Ebbene alcuni scienziati, (evidentemente anche loro inquietati da una bambola) si sono chiesti perché il nostro cervello reagisca con disgusto ad alcuni oggetti antropomorfi, mentre provi sentimenti di tenerezza per altri.

Osservate le due figure:


Wall-E protagonista dell'omonimo capolavoro della Pixar
la prima, decisamente molto assomigliante ad una umana, ci trasmette una sorta di repulsione, mentre la seconda è per noi un grazioso robottino che ispira con quel non so che di umano.

Nel 1970 uno studioso di robotica, Masahiro Mori, pubblicò un articolo sulla rivista Energy , proponendo la teoria dell’Uncanny Valley. La ricerca di Mori aveva lo scopo di indagare come la percezione di “familiarità” nell’uomo variasse al crescere della somiglianza di un robot o di un automa, proprio alle fattezze umane. Egli notò che all’aumentare del realismo di un robot antropomorfo, diminuiva bruscamente la sensazione di piacevolezza e parallelamente aumentava il senso di inquietudine (da cui l’aggettivo uncanny - inquietante). Mori al termine dei suoi esperimenti, rappresentò graficamente questo andamento su un piano cartesiano. Sulle ascisse troviamo i valori della “somiglianza all’uomo” (human likeness) e sulle ordinate quelli della “familiarità o empatia” (familiarity).


Mori scoprì anche che esiste una notevole variazione dell’andamento della familiarità tra robot “fissi” senza la possibilità di muoversi e robot con la capacità di movimento. In entrambi i casi però, superata una soglia critica, e cioè una soglia di “eccessiva somiglianza con l’uomo”, la percezione gradevole cade bruscamente, fino a raggiungere i valori negativi di repulsione e ribrezzo (es. gli zombie per il grafico degli oggetti in movimento e i cadaveri per quelli fermi).

La teoria dell’Uncanny Valley è stata applicata non solo alla robotica e all’intelligenza artificiale, ma è tuttora tenuta in forte considerazione per la creazione di film animati e videogiochi affinchè l’uomo possa provare empatia per i protagonisti.

Hiroshi Ishiguro, direttore del Intelligent Robotics Laboratory della Osaka University, ha fatto della robotica la sua ragione di vita. La sfida continua del Professor Ishiguro è superare quella soglia critica per cui un robot antropomorfo risulti accettabile dalla mente umana.


A sua immagine e somiglianza è il robot gemello mostrato nella foto. Sbaglio o a quanto pare il Prof. Ishiguro ha ancora da lavorare? A parte le battute, l’Uncanny Valley rappresenta ancora un’alta montagna da scalare per gli scienziati; non è solo il campo della robotica che viene coinvolto, ma anche quello della neurologia e della psicologia.

Per chi vuole approfondire infine, un simpatico video ci spiega a fumetti, la teoria dell’Uncanny Valley (posizionate il cursore sul video e cliccate sul simbolo "cc" per attivare i sottotitoli).



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