mercoledì 7 dicembre 2011

Nuovi limiti alla massa delle particelle di materia oscura

Due nuovi studi indicano che dovrebbe essere superiore a 40 GeV, altrimenti l'universo non potrebbe espandersi con l'accelerazione osservata. Questi dati, basati su osservazioni del Fermi Space Telescope ed elaborati con un nuovo metodo statistico, sono però in conflitto con i risultati di altre ricerche.
Immagine astratta della Materia Oscura
Se la materia oscura esiste, le particelle che la costituiscono devono avere una massa più elevata di quanto finora supposto, superiore cioè ai 40 giga-elettronvolt (le masse delle particelle elementari vengono normalmente espresse in termini di elettronvolt [m=E/c^2, n.d.r] ). E' quanto sostengono due ricercatori della Brown University - Savvas Koushiappas e Alex Geringer-Sameth - in un articolo pubblicato sulle "Physical Review Letters" (qui il preprint su arXiv).

A risultati simili, ma utilizzando una metodologia diversa, è arrivata anche la collaborazione internazionale Fermi-LAT, di cui è pubblicato un resoconto sempre sullo stesso numero delle "Physical Review Letters" (qui preprint su arXiv).

Va anche detto che questi risultati entrano in conflitto con una serie di dati ottenuti da altre collaborazioni (DAMA/LIBRA, Cogent e CRESST) che in esperimenti sotterranei sembravano deporre per un range di masse per la materia oscura variante fra i 7 e i 12 GeV, valori decisamente inferiori al limite stabilito dai due fisici della Brown University.

E' presumibile quindi che le discussioni sulla natura della materia oscura - di cui ci si può fare un'idea dal blog di "Nature" dedicato all'argomento- siano destinate a continuare, anche se, come osseva Geringer-Sameth, "questo è un momento molto emozionante nella ricerca della materia oscura, perché molti strumenti sperimentali stanno finalmente iniziando a mettere alla prova le diverse teorie su ciò che la materia oscura è in realtà".

Nello specifico, Koushiappas e Geringer-Sameth hanno cercato di definire dei limiti alla massa delle particelle di materia oscura sulla base dei dati raccolti da uno strumento a bordo del Fermi Gamma-ray Space Telescope della NASA e dello sviluppo di un nuovo approccio statistico, applicato al calcolo della velocità con cui si pensa che le particelle annichilino a vicenda nelle galassie attorno alla Via Lattea.


"Abbiamo scoperto che, se la massa di una particella è inferiore a 40 GeV, allora non può essere una particella di materia oscura", ha detto Koushiappas. "Se infatti, per amor di discussione, supponiamo che la massa di una particella è inferiore a 40 GeV, ciò vorrebbe dire che la quantità di materia oscura oggi presente dovrebbe essere talmente elevata che l'universo non potrebbe espandersi al ritmo accelerato che osserviamo".

I fisici ritengono che tutto ciò che può essere visto - pianeti, stelle, galassie - costituisca solo il 4 per cento dell'universo. Le osservazioni indicano che la materia oscura ne rappresenta circa il 23 per cento, mentre la parte restante sarebbe costituita da energia oscura, che sarebbe all'origine dell'espansione accelerata dell'universo. Il problema è che, a differenza di stelle e pianeti, materia oscura ed energia oscura non emettono radiazioni elettromagnetiche e possono essere "viste" solamente attraverso i loro effetti gravitazionali. Questo profilo "sfuggente" e il loro contributo alla massa dell'universo sono le ragioni principali per cui si sospetta che a costituirla siano particelle massicce debolmente interagenti, o WIMP (weakly interacting massive particle).

Le particelle che interagiscono debolmente sono quasi per definizione difficili da studiare, ma Koushiappas e Geringer-Sameth sono partiti da una cosa che si può dire anche per le WIMP: quando una di esse e la sua antiparticella si scontrano annichilandosi, i resti sono rappresentati da quark e leptoni pesanti. I fisici sanno anche che quando un quark e il suo anti-quark si annichilano, producono un getto di particelle che comprende fotoni.

Analizzando i dati raccolti nel corso degli ultimi tre anni dal Fermi Telescope, hanno così misurato il numero di fotoni nelle galassie nane, dal quale sono risaliti al tasso di produzione di quark che, a sua volta, ha permesso di stabilire vincoli sulla massa delle particelle di materia oscura e sulla velocità con cui si annichilano.

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