Cilindro di O'Neill |
Alcuni sostengono che prima di progettare navi generazionali per raggiungere gli altri sistemi stellari, si potrebbero costruire grandi colonie spaziali autosufficienti, isolate dal resto dell'umanità ma comunque abbastanza vicine alla Terra da poter essere aiutate in caso di necessità. Questo esperimento potrebbe contribuire a verificare le possibilità di sopravvivenza di un gruppo composto da poche migliaia di umani per secoli, isolati nell'universo a bordo di una nave.
Le navi generazionali sono un tòpos ricorrente nei racconti di fantascienza; un tema tipico è quello dei discendenti dei primi occupanti di una simile nave che perdono la memoria storica della propria missione e ritengono che l'interno dell'astronave costituisca l'intero universo. Alcune celebri opere collegate a questo tema sono i romanzi Universo (anche Orfani del cielo, titolo originale Orphans of the Sky) del 1941 di Robert A. Heinlein, che è considerato il primo grande romanzo sul tema, Non-stop di Brian Aldiss, la serie di cinque romanzi Il libro del nuovo Sole di Gene Wolfe, il romanzo Colony di Rob Grant, la serie Rama di Arthur C. Clarke/Gentry Lee, Supernave di John Brosnan, Eclissi 2000 di Lino Aldani. Oltre la letteratura, va ricordato un episodio di Star Trek (serie classica) dal titolo Ho toccato il cielo[1] oltre a due episodi nella serie Star Trek: Voyager.[2]
In Incontro con Rama (Rendez-vous With Rama), un romanzo del 1973 di Arthur C. Clarke, vi è la scoperta di un'astronave aliena diretta verso il Sole, costituita da un cosiddetto cilindro di O'Neill, un vero e proprio habitat con tanto di valli e mari interni sostenuti unicamente dalla forza centrifuga dovuta alla rotazione dell'enorme massa cilindrica.
Un romanzo di James White racconta la storia di una nave dormitorio che incontra gravi problemi tecnici e viene utilizzata come astronave generazionale. In realtà questo libro racconta anche di un tipo di nave generazionale completamente diverso, ovvero una nave affondata nel corso della seconda guerra mondiale e inabissatasi completamente a ridosso di una barriera corallina, al cui interno sono rimasti dei sopravvissuti.
Alcuni osservano che i pianeti popolati da esseri viventi sono una sorta di nave generazionale; è un concetto solitamente denominato come Astronave Terra.
Metodi alternativi di viaggio interstellare
La teoria della relatività ristretta prevede che l'informazione non possa propagarsi più rapidamente della velocità della luce. Questo sembrerebbe restringere le possibilità di viaggio interstellare verso le stelle lontane alle sole navi generazionali. La relatività stessa offre comunque una soluzione indiretta, data dal fenomeno della dilatazione dei tempi. Se un'astronave fosse in grado di muoversi a velocità prossime a quella della luce, il tempo a bordo scorrerebbe più lentamente di quello misurato a Terra: ad una velocità pari al 99,9999% di quella della luce un giorno trascorso a bordo equivarrebbe a due anni terrestri, al 99,99999999% della velocità della luce un giorno a bordo equivarrebbe a sessantuno anni terrestri. Un veicolo che procedesse a questa velocità in direzione della galassia di Andromeda coprirebbe la distanza di 2,9 milioni di anni luce in circa 41 anni, secondo gli osservatori a bordo, o tre milioni di anni, secondo gli osservatori rimasti a Terra.
Altre limitazioni fisiche consistono nella necessità di portare con sé il propellente sufficiente per raggiungere una simile velocità e poi decelerare di nuovo una volta giunti a destinazione; la massa derivante dal carburante richiederebbe a sua volta, per essere accelerata insieme al resto della nave, un'ulteriore spinta propulsiva. Inoltre gli esseri umani sono in grado di sostenere accelerazioni molto limitate, ovvero se queste si protraggono per lunghi periodi di tempo. Infine la presenza di polveri interstellari potrebbe rendere un simile viaggio estremamente pericoloso, visto che un singolo impatto sarebbe in grado di sprigionare un'immane quantità di energia e di distruggere la nave.
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