giovedì 12 aprile 2012

L'universo Digitale

Nel corso degli ultimi vent'anni i fisici hanno capito molto di come l'universo immagazzina informazione, arrivando a ipotizzare che sia l'informazione, e non la materia e l'energia, a costituire l'unità fondamentale dell'esistenza. L'informazione si trasmette in frammenti minuscoli; da questi frammenti deriva lo spazio.

Siamo tutti degli ologrammi?
Il mondo potrebbe essere una gigantesca illusione. I volumi, le profondità dello spazio e anche la gravità potrebbero non essere proprietà così fondamentali come crediamo. La realtà ultima, la verità delle leggi della natura, sarebbe forse scritta su una superficie, come un'immensa pagina di un libro che contiene il cosmo.
O meglio, una pellicola dalla quale si può proiettare il mondo che percepiamo. Lo afferma un principio ipotizzato anni fa dal fisico olandese Gerard't Hooft docente all'università di Utrecht e premio Nobel per la fisica nel 1999. Un principio controverso, che recentemente è tornato ad animare le discussioni, perché è stato applicato alla Teoria delle stringhe e si spera che possa aprire nuove strade alla Teoria del Tutto, è il "Principio dell'ologramma" (principio olografico).
Le radici dell'idea risalgono agli anni 70 quando i fisici cominciarono a studiare i Buchi neri. Essi sono delimitati da una superficie (quasi) nera detta "orizzonte degli eventi" : tutto ciò che si trova all'interno, perfino la luce resta intrappolata nel campo gravitazionale e non può uscire.
Fin dall'inizio si sospettava che l'informazione contenuta nei buchi neri (sotto forma di atomi e radiazioni) si potesse interamente ritrovare e leggere sulla loro superficie. Strano!? Sì: sarebbe come "leggere" tutto l'interno del corpo umano su una superficie piana a due dimensioni. Più precisamente, la superficie del buco nero risulterebbe suddivisa in tante cellule invisibili dette "aree di Planck". Sarebbero piccolissime e sarebbero come i pixel (quadratini) di cui si compone un'immagine digitale o un'area di memoria di un computer: ogni area può, semplificando, contenere un bit d'informazione, cioè 0 o 1.

L'idea è che sulla superficie rimanga memoria "scritta" sotto forma di bit di tutto ciò che cade nel buco nero. Queste considerazioni portarono Gerard't Hooft a ipotizzare il "Principio olografico": è possibile cioè "proiettare" la superficie di un buco nero e ricostruire tutto ciò che vi cade dentro. Si chiama così perché è simile al principio sul quale si basano gli ologrammi tradizionali, che sono registrati su una pellicola 2D e, proiettati, generano un'immagine tridimensionale. Per spiegare come sia possibile, Hooft ricorre a un esempio, un esperimento mentale: immaginiamo un oggetto -per esempio una mela- che cada in un buco nero. Un osservatore lontano non vede la mela oltrepassare l'orizzonte degli eventi, ma la vede sempre fissa lì, perché (questo lo dicono le leggi della relatività ) all'orizzonte il tempo sembra fermarsi. Spiega Hooft "Accade una cosa strana: la mela che è un'oggetto 3D, a un certo punto diventa 2D all'orizzonte". L'informazione della mela, che era scritta nelle sue fibre e nelle sue molecole, si distribuisce su una superficie sferica ed è come se si trasformasse in bit.
“Forse i veri processi fisici dell’Universo si svolgono su una remota superficie che lo circonda tutto e noi ne vediamo solo le proiezioni. Forse l’Universo è in realtà un ologramma.”

Forse il mondo è sfuocato. E non è una metafora. Craig Hogan, fisico all'Università di Chicago e direttore del Fermilab Particle Astrophysics Center, ritiene che se potessimo scrutare le più minuscole suddivisioni dello spazio e del tempo scopriremmo un universo pervaso da un tremolio intrinseco, il ronzio sonnolento di una radio non sintonizzata. Questo non ronzio non deriva da particelle che appaiono e scompaiono (le particelle virtuali) o da qualche altro tipo di schiuma quantistica di cui hanno discusso i fisici in passato. Il rumore di Hogan si verificherebbe, invece, se lo spazio non fosse liscio e continuo, un fondale levigato per la danza di campi e particelle come lo immaginiamo da tempo. Il rumore di Hogan compare se lo spazio è fatto di pezzi. Blocchi. Frammenti. Il rumore di Hogan implicherebbe che l'universo sia digitale.

Nel film StarTrek: Il futuro ha inizio, Spock consegna l'equazione che consente di poter effettuare il teletrasporto su una nave che viaggia a velocità curvatura ad uno scienziato che, alla vista di ciò, esclama:
Non avrei mai pensato che fosse lo spazio a muoversi!

Questo articolo rappresenta il mio contributo al "Carnevale della Fisica #30".














Fonti:

1 commento:

  1. Le sensazioni, i pensieri, i ricordi di un individuo come verrebbero "campionati" su una superficie bidimensionale e successivamente ricreati tridimensionalmente?

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