venerdì 13 luglio 2012

Civiltà di tipo Uno

Questo tipo di civiltà è in grado di utilizzare tutta l'energia disponibile sul suo pianeta d'origine. Noi al momento siamo di tipo Zero ma non rattristiamoci, una soluzione per alzare il nostro valore Cosmico può accrescere la nostra fama galattica e rendere le nostre vite migliori.

Star Wars è di tipo Tre
Nel 1964 lo scienziato russo Nicolai Kardashev inventò una scala secondo la quale si possono classificare le civiltà senzienti secondo le loro capacità di approvviggionamento energetico: sono civiltà di tipo 1 quando queste sono in grado di controllare e utilizzare la totalità dell’energia del pianeta in cui vivono; il grado due è concesso quando possono attingere alla totalità dell’energia della loro stella e del sistema solare, il terzo grado parla di energia dell’intera galassia.
Secondo alcune stime la nostra, umana o terrestre, è una civiltà di tipo 0 poichè non abbiamo ancora l’accesso alla totalità dell’energia del nostro pianeta. Sarebbe più corretto dire non vogliamo avere, piuttosto che non abbiamo. Le energie restanti sono democratiche e non vengono viste di buon occhio dalle grandi aziende fornitrici, poichè, chiaramente, non possono generare profitto.

Per la precisione, la nostra civiltà è di tipo 0,7; il fisico teorico Michio Kaku ha calcolato che potremo raggiungere il tipo 1 non prima del 2200 (ed il tipo 2 dopo il 5000).
Si tratta, a mio avviso e anche secondo Wikipedia, di stime piuttosto pessimistiche perchè una parte del progresso scientifico-tecnologico è avvenuto grazie a casi fortuiti, come la scoperta della penicillina.
In effetti la Terra possederebbe una potenza energetica stimata dallo stesso Kardashev in quattromila miliardi di Watt; il fabbisogno energetico mondiale di una anno è attualmente di circa otto miliardi di Megawattora (MWh), contro la disponibilità secondo questa stima di Kardashev nell’ordine dei trecentomila miliardi di Megawattora.
Ma dove sarebbero immagazzinate queste quantità mostruose di energia? In quattro miliardi di anni la radiazione solare ha continuato ad accumulare risorse energetiche sulla terra in svariate forme delle quali le più comunemente utilizzata sono quella chimica (carbonfossili), ma anche l’energia potenziale gravitazionale (centrali idroelettriche), oppure l’energia nucleare di alcuni elementi (uranio).

Nello spazio l’energia solare è molto più potente di quella che giunge nella nostra atmosfera, 940 Watt/mq contro i 170 Watt/mq sulla Terra. Presto potrebbero esserci novità sul fronte dell’energia proveniente dal sole. C’è un modo, affermano alcuni ingegneri ricercatori presso l’Università Strathclyde di Glasgow, per sfruttare l’energia del sole direttamente là dove viene prodotta, nello spazio. 
Ciò avverrebbe tramite dei satelliti solari che catturano l’energia solare in modo diretto e continuo per poi trasferirla sulla terra attraverso un sistema di microonde o di laser. Questo metodo permetterebbe di rifornire di energia solare ogni area geografica, anche quelle più impervie e difficili da raggiungere, oppure luoghi di gravi emergenze umanitarie e militari, per fare un esempio.
In pratica, questa tecnica rende più semplice rifornire certe aree direttamente dallo spazio piuttosto che dalla terra, dove lo sfruttamento dell’energia solare può essere ostacolato dalle condizioni atmosferiche e variare tra notte e giorno. Massimiliano Vasile, un ingegnere aeropsaziale sfornato dal Politecnico di Milano e attualmente facente parte del dipartimento di meccanica e ingegneria aerospaziale dell’università Strathclyde, è a capo del team di ricerca e chiarisce il concetto facendo un esempio, quello del deserto del Sahara che, per le sue caratteristiche, sulla carta sarebbe un ottimo centro di accaparramento continuo di energia solare: tuttavia, a essere difficoltosa sarebbe tutta l’attività di trasferimento di questa energia alle aree che ne hanno bisogno.
I satelliti solari ovvierebbero a questo problema perché le microonde possono irradiare qualsiasi luogo della terra garantendo una fornitura costante che risolverebbe anche l’incombenza di immagazzinare l’energia da altre fonti rinnovabili.  La trasmissione tramite microonde consiste nella conversione dell'energia solare in onde radio della lunghezza di 15 cm (pressappoco la stessa generata da un forno a microonde), in grado di attraversare le nuvole e alimentare tutte le aree del mondo ad ogni latitudine. Un impianto di questa tipologia, con una massa di 10.000 tonnellate e una superficie di 4.000 mq, prevede due grandi collettori a specchio, capaci di catturare la luce solare e dirigerla verso una piattaforma circolare del diametro di 1 km.
Da qui, sul lato opposto, alcune celle solari convertiranno l'energia luminosa in elettricità, trasformandola poi, attraverso antenne, in un fascio di microonde. Una volta trasmesse a Terra, queste onde saranno raccolte da altre antenne e distribuite ai consumatori finali. Nel 2008 s'è riuscito a stabilire il record mondiale di trasmissione d'energia con le microonde: sono stati inviati 20 watt di energia fra due isole delle Hawaii distanti 148 km. L'esperimento prova che è possibile trasmettere l'energia solare attraverso l'atmosfera. Ma nelle centrali solari spaziali sono in gioco ben altre proporzioni.
Per inviare miliardi di watt, occorre l'impiego di antenne enormi nello spazio (1 km di diametro) e ricevitori ancor più grandi sulla Terra (10 km di diametro). Difficile, quindi, testarne gradualmente la tecnologia con simulatori di piccola taglia.
Ecco perché appare più promettente l'altra soluzione: il laser. Quest'ultimo, con una lunghezza d'onda 100.000 volte più piccola, fino a 1,5 micrometri (millesimi di millimetro), non necessita di antenne smisurate. Proprio in questo sta la forza del secondo modello di stazione solare spaziale: convertire l'energia del Sole, una volta catturata dai pannelli orbitanti, in un fascio laser a infrarossi.
Questo metodo avrebbe, poi, altri vantaggi non da poco: il suo funzionamento può essere testato in laboratorio, a un costo relativamente basso e senza rischi; e adattare i pannelli fotovoltaici terrestri alla ricezione di un'unica lunghezza d'onda, e non di tutto lo spettro visibile, ne aumenta l'efficienza limitando la dispersione di energia.
I primi satelliti saranno di dimensioni ridotte e potranno fornire energia a piccole aree, mentre progressivamente si pensa di mandare nello spazio impianti in grado di fornire energia alle grandi metropoli. Ma l’obiettivo finale potrebbe essere addirittura una centrale energetica spaziale. Diversi mesi fa è stato fatto il primo piccolo esperimento, chiamato in lingua gaelica Suaideneah, attraverso un piccolo satellite collocato sopra il circolo polare artico.

Tutto questo per poter raggiungere l'onorevole attributo di civiltà di tipo Uno. Lo scopo di questa classifica serve a determinare il progresso ottenuto e ottenibile di una civiltà. Non a caso negli ultimi cento anni, grazie all'utilizzo intensivo del petrolio, il progresso scientifico ha avuto un'impennata mai vista in tutta la storia dell'umanità.

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