lunedì 30 luglio 2012

Nos Iuvenes

Michele Z. è un mio coetaneo con un profondo interesse verso l'Età Classica. Durante questa breve intervista, emergerà quanto il nostro concetto di Modernità sia immotivato, se non per le tecnologie che ci contraddistinguono dalle civiltà passate.



Com'era strutturata la scuola nell'antica Roma?
Per quanto concerne alla scuola è bene ch'io esponga alcuni punti fondamentali affinché si possa ben comprendere la lode all'epoca: la prima educazione del bambino veniva impartita dal padre (parens pro magistro affermava Cicerone, ovvero il padre primo maestro) oppure se la famiglia aveva grandi ricchezze poteva affidarlo ad un "paedagogus" che molte volte corrispondeva ad un "verna" ovvero uno schiavo colto. Non mancano casi in cui i piccoli venivano affidati alle madri, come per esempio Cornelia che educò i Gracchi.

La scuola primaria era frequentata da alunni dai 7 agli 11 anni: il "litterator" insegnava loro a leggere ed a scrivere, il "calculator" insegnava l'aritmetica e il "librarius" s'occupava della letteratura.
A 12 anni chi poteva frequentava fino ai 17 anni le lezioni da un grammaticus (più o meno si tenevano lezioni corrispondenti alla nostra scuola media) che perfezionava le loro conoscenze sulla grammatica latina e greca attraverso la lettura di autori classici, naturalmente non mancava la storia, la geometria, la geografia.
Dopo i 17 anni, sempre chi poteva permetterselo, si frequentava la scuola da un rethor, che a mo' di prof universitario, approfondiva l'arte dell'oratoria.
Chi voleva e poteva si recava in Grecia da grandi maestri di eloquenza e di filosofia: le lezioni si svolgevano all'aperto o nelle abitazioni dei maestri.
Nelle belle giornate i maestri facevano lezione all'aperto, ai piedi di alberi ombrosi, affinché gli alunni studiando filosofia cogliessero al meglio la bellezza della natura.
A 20 anni i ragazzi uscivano colti e pronti alla vita, altro che oggi!

Chi erano i Gracchi?
I Gracchi, come citato poco più sopra, erano i figli di Cornelia. Ella fu una donna eccezionale, colta figlia di Scipione che prese Cartagine ai tempi della seconda guerra punica. Lei rifiutò addirittura il re d'Egitto Tolomeo e dedicò il suo tempo all'educazione dei figli Caio e Tiberio Gracco. Questi furono due uomini eccezionali. Ai loro tempi lo Stato sempre più avanguardista, assunse un atteggiamento deplorevole nei confronti dell'agricoltura e dei plebei che la curavano.
Costoro quindi crearono una lunghissima riforma agraria che tutelasse gli interessi dei lavoratori a discapito dei grandi latifondisti, i quali, minacciati dai due fratelli, li uccisero con dei sicari. Il senato capì le loro ragioni e approvò le riforme agrarie.

Cos'abbiamo d'apprendere dall'antica civiltà romana?
Secondo il mio modesto parere, dall'antica civiltà romana dovremmo cogliere il senso della vita. Questa civiltà seppe sconfiggere, a mio avviso, la morte. Il loro modo di farlo fu quello di dedicare ad essa la vita.
Sembrerebbe un paradosso, ma non lo è, perché se noi tutti tornassimo ad avere la concezione di vita di dell'antica roma (soprattutto nel fior della repubblica), sconfiggeremmo cupidigia, avarizia, paura, egoismo, presunzione, egocentrismo ed il male generale.
Fin da piccoli saremmo educati a vivere la vita e, se necessario, a darla, per delle virtù. Tutto questo per ottenere onore e gloria. Noi vivremmo la nostra vita cercando di servire lo Stato, di crear grandezza al nostro Stato, in tutti i modi possibili. 
Se fossimo agricoltori coltiveremmo per sfamare i cittadini affinché lo stato prosperi.
Se fossimo avvocati difenderemmo e accuseremmo con la massima equità e lealtà affinché si preservi la giustizia nello Stato.
Se fossimo guerrieri combatteremmo senza paura perché la causa è la grandezza della Patria.
Se fossimo muratori costruiremmo senza sentire la fatica perché questo edificio durerà nei secoli.

Insomma Roma fu eterna, i cittadini romani vivevano come se non dovessero morire mai: tutto ciò che facevano era finalizzato all'eternità, e per questa avrebbero dato volentieri la vita.

Dunque, sommando quel che ho detto fin a qui,  potremmo prendere spunto da Roma per dare un senso alla vita e questo comporterebbe numerosi vantaggi pragmatici, come diminuzione del male nel mondo sotto ogni punto di vista pratico.
Roma potrebbe educarci alla politica, alla giustizia e al bene.


Ovviamente abbiamo lodato Roma per la totale assenza di edonismo, eppure dovremmo ricordare che è proprio questo ad aver portato la civiltà alla sua caduta.
Poiché tutto a Roma fu finalizzato alla collettività, non appena venne a contatto con altre culture al seguito delle conquiste territoriali, i famosi condottieri e politici Romani che nei secoli precedenti avevano contribuito a rendere Roma grande iniziarono ad estinguersi: se prendessimo molti dei consoli delle gens Cornelia, Iulia e Claudia che governarono nella prima repubblica possiamo notare che la loro gloria è minore così come la loro fama nei libri di storia poiché tutto ciò che fecero era come già detto finalizzato alla grandezza di Roma, quindi le loro gesta non essendo fini a se stesse vengono messe in secondo luogo.
Con Silla, Caio Mario e in seguito Cesare il condottiero cambia: il condottiero ritorna funzionale allo stato, ma vuole maggior gloria... E questi esempi cambiarono la mentalità, a Roma si iniziò a pensare un po' più ai fatti personali e l'edonismo greco poté mettervi piede. A poco servì la risposta delle correnti di pensiero etiche come quella stoica.
Quindi, come sempre amo affermare, in medio res stat virtus (la virtù sta nel mezzo). E poiché Historia magistra vitae( la storia è maestra di vita), da Roma dovremmo prendere la loro etica senza però renderla verità assoluta onde evitare di rifare gli stessi errori e di cadere allo stesso modo.

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