sabato 28 maggio 2011

Il gatto di Schrödinger e il teletrasporto

Il teletrasporto non sembra essere più fantascienza. La data fissata in Star Trek, il 2139, come data della scoperta del teletrasporto, pare sia più vicina del previsto.


Teletrasporto in Star Trek
In passato era già successo che alcuni scienziati fossero riusciti ateletrasportare semplici particelle di luce, ma stavolta, nel dipartimento di Fisica applicata dell’Università di Tokyo e nel Center for Quantum Computation and Communication Technology di Canberra, sono riusciti a fare anche di più: hanno creato un dispositivo capace di teletrasportare particelle più complesse, che si trovano in stati quantistici chiamati stati del gatto di Schrödinger. Lo studio si è guadagnato la pubblicazione su Science.

Il gatto di Schrödinger è il protagonista di un famoso esperimento mentale che l’omonimo scienziato austriaco usò nel 1935 per spiegare uno dei principi fondamentali della meccanica quantistica, ovvero che le proprietà della materia non sono fissate finché non le si misura. Schrödinger chiedeva di immaginare un felino chiuso in una scatola di acciaio nella quale fosse inserita una sostanza radioattiva. In un qualsiasi momento, quest’ultima poteva decadere e rilasciare un veleno mortale per il gatto o meno, con identica probabilità. Dunque, dopo un dato periodo di tempo, vi era il 50 per cento di probabilità che l’animale fosse venuto a contatto con la sostanza tossica e che fosse morto, e il 50 per cento che il veleno non si fosse mai prodotto, e che quindi il felino fosse ancora vivo e vegeto. Secondo la meccanica quantistica, finché non si apre la scatola, il felino si trova in due stati sovrapposti, cioè non è né vivo né morto: è solo l’osservazione diretta che gli attribuisce uno stato determinato.

Allo stesso modo, la luce che si trova in uno “stato del gatto di Schrödinger” è descritta da funzioni d’onda che possono avere fasi opposte nello stesso istante. Fasci di luce di questo tipo sono stati costruiti in laboratorio attraverso vere e proprie procedure di ingegneria quantistica, lavorando ad alte energie e usando tecniche dai nomi complicatissimi (photon subtraction, homodyne detection, squeezing). I fisici giapponesi e australiani hanno sottratto singoli fotoni da raggi di luce, rilevato e modulato frequenze, minimizzato l’incertezza su posizione e impulso delle radiazioni. Hanno poi collegato i piccoli pacchetti di luce così ottenuti a coppie di particelle quantistiche dette entangled, legate tra loro in modo così stretto che anche quando vengono separate e poste a grande distanza riescono a comunicare tra loro istantaneamente. In queste coppie di particelle, qualsiasi sia il valore di una data proprietà assunto da una delle due, viene influenzato immediatamente anche il valore corrispondente dell’altra (comprese le informazioni relative ai pacchetti di radiazione luminosa).

Gli scienziati, dopo aver distrutto una delle due particelle e la luce a essa collegata, riuscivano dunque a dedurre dall’altra le informazioni necessarie per ricostruire, a distanza, la radiazione nella configurazione esatta. In questo modo i gruppi di ricerca hanno potuto trasferire informazione quantistica da una parte all’altra dell’oceano: in altre parole, la luce è stata distrutta in un laboratorio e ricreata nell’altro, senza essere modificata nel procedimento.

Ovviamente il momento in cui si potrà teletrasportare da una struttura a un’altra un vero gatto, o meglio ancora un essere umano, è ancora molto lontano, ma questo tipo di studio è già oggi utile per la costruzione di computer quantistici, molto più potenti e dunque veloci dei Pc attualmente disponibili.



Fonte: DOI: 10.1126/science.1201034

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