sabato 8 ottobre 2011

Il progetto 242

Progetto di Carlo Rubbia del 1998 che mira a costruire un sistema di propulsione a fissione sfruttando le qualità fissili dell'Americio 242, isotopo artificiale rarissimo: ne esisteva un solo milligrammo in Russia, nel 2001, e la sua produzione attuale è comunque molto costosa. Tale sistema di propulsione è detto ad impulso, in quanto sfrutta la spinta prodotta da particelle di plasma.

Impressione artistica di una missione italiana su Marte
l sistema di propulsione ad impulso è un potenziale sostituto del sistema di propulsione noto come combustione chimica. Il primo vantaggio del sistema di propulsione ad impulso rispetto a quello a combustione chimica risiede nella possibilità di dedicare un minor volume ed un minor peso al sistema di propulsione, generando indubbi vantaggi economici nella realizzazione di un viaggio interplanetario.
Il secondo vantaggio di questo sistema risiede nella capacità di generare una spinta continua che svincoli il vettore dal dover sfruttare necessariamente l'effetto fionda dato dai campi gravitazionali dei pianeti per percorrere le distanze interplanetarie.

Qui di seguito si può vedere una tabella che confronta le diverse velocità generate dai motori che hanno portato nello spazio i vettori più famosi:
Sputnik 1: 8,32km/s (1957)
Apollo 10: 11,08km/s (1969)
New Horizons: 16,21km/s (2006)
Progetto 242: 40,00km/s (non ancora realizzato)


La materia prima per farlo funzionare è, appunto, l' americio 242, un materiale rarissimo. «Ne esiste appena un milligrammo in Russia - precisa Giovanni F.Bignami direttore scientifico dell' Asi - e quindi il primo problema da risolvere era quello di trovare il modo di produrlo». «Nelle ricerche sin qui fatte - prosegue - si è vista una strada per fabbricarlo in discrete quantità, alcuni chilogrammi, irraggiando con un acceleratore di particelle un isotopo, l' americio 241, il quale è invece abbondante. Esso si trova in commercio anche nei rilevatori di fumo e si ricava dal decadimento del plutonio.

Principio di funzionamento

Innanzitutto il motore non presenta alcuna parte in movimento, il che aumenta di molto l'affidabilità. Si tratta infatti di un grande tubo internamente ricoperto da una pellicola di combustibile nucleare, spessa un millesimo di millimetro, in grado di raggiungere immediatamente le condizioni per la fissione.
La fissione nucleare viene indotta con il metodo classico del bombardamento di neutroni che, colpendo il combustibile nucleare all'interno del tubo, spacca i nuclei atomici del combustibile emettendo i frammenti di fissione da cui il motore prende il nome. Da qui in poi si aprono due alternative (tante ne sono state presentate) per impiegare con la massima efficienza i frammenti di fissione: la prima è quella di impiegare direttamente i frammenti nella propulsione. La seconda e più promettente sarebbe quella di condurre, tramite gli oltre 500.000 gradi raggiunti nella reazione nucleare, un gas (candidato ideale sarebbe l'idrogeno) al "quarto stato d'aggregazione della materia". In altre parole ionizzare fortemente il gas in modo da farlo diventare plasma. Quest'ultimo verrebbe poi sospinto fuori dal razzo creando la notevole spinta propulsiva. 

Le difficoltà tecnologiche
Uno dei problemi tecnici principali nella realizzazione del Motore a frammenti di fissione, è quello che «...nessun recipiente fisico resisterebbe a così alte temperature...» come sostiene lo stesso Rubbia in una intervista rilasciata poco dopo il seminario al Cern (ai tempi). La soluzione è di guidare il plasma tramite forti campi magnetici: la tecnologia per fare questo è già disponibile (sempre ai tempi) ed è su questa che attualmente si basano i reattori sperimentali per lo studio della fusione nucleare a confinamento magnetico.
L'equipaggio sarebbe protetto dalle radiazioni prodotte dalla fissione, comunque inferiori a quelle delle particelle del vento solare, da «schermi di un composto di boro e carbonio» e la reazione di fissione si potrebbe interrompere, come in un qualunque reattore a fissione nucleare, tramite le barre di controllo (che assorbono i neutroni).
Il propulsore sarebbe adatto solo a viaggi all'esterno dell'atmosfera, poiché produce una spinta modesta rispetto ai tradizionali propulsori chimici ma prolungata nel tempo e con velocità di uscita dall'ugello molto maggiori.

L'astronave
L'astronave, progettata innanzitutto per raggiungere Marte, avrebbe le dimensioni di un aereo Jumbo. Potrebbe essere assemblata in orbita presso la Stazione Spaziale Internazionale poiché il progetto del motore permette la divisione dell'astronave in più moduli, lanciabili nello spazio da vettori ed i tempi differenti. Sarebbe una astronave riutilizzabile, «140 tonnellate tra astronave e carico utile, spinte da appena 110 tonnellate di motore e propellente» contro il rapporto combustibile/carico utile di 280/1 dei propulsori chimici tradizionali per la medesima missione per Marte.
Con i propulsori chimici attuali praticamente tutto il combustibile verrebbe utilizzato per lasciare la superficie dei pianeti mentre la spinta verso Marte e ritorno sarebbe garantita dalla traiettoria di Hohman, «una specie di ellittica che ha la Terra come semiasse inferiore e Marte come semiasse superiore». Questo renderebbe il viaggio di andata e poi quello di ritorno lunghi rispettivamente 259 giorni, più i 453 giorni di permanenza obbligata sul pianeta rosso per aspettare la successiva congiunzione con la Terra, condizione indispensabile per il ritorno. «Mentre gli astronauti in orbita attorno alla Terra sono protetti dal campo magnetico terrestre (le famose fasce di van Allen), i viaggiatori marziani sarebbero alla mercé del vento solare e assorbirebbero una quantità di radiazioni simile a quella dei primi soccorritori a Chernobyl» spiega Rubbia. Con il propulsore a frammenti di fissione entrambi gli inconvenienti, durata del viaggio e permanenza, sarebbero superati. La missione per Marte durerebbe al posto che due anni e mezzo solamente un mese circa e si aprirebbero affascinanti possibilità di esplorazione del sistema solare, ma gli obiettivi potrebbero anche essere più remoti. Per raggiungere Alfa Centauri, la stella più vicina al nostro sistema solare, occorrebbero ad una sonda equipaggiata con questo propulsore 200 anni contro gli 82000 delle sonde classiche come il Voyager o il Pioneer2.



La strada è lunga «ma l' Asi è determinata a percorrerla - dice il direttore scientifico dell' agenzia - perché l' idea del professor Rubbia è decisamente innovativa. Si tratterà poi di trovare anche le risorse necessarie». «I sogni di oggi sono la realtà del domani», diceva Robert Goddard che 75 anni fa sperimentò negli Stati Uniti il primo razzo a propellenti liquidi. L' importante è crederci, impegnandosi nel realizzarli.

Fonti:

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