mercoledì 21 dicembre 2011

Fede e scienza nel pensiero di Galilei

Il 21 dicembre 1613, Galileo Galilei scrisse una lettera aperta (destinata alla pubblicazione) a Benedetto Castelli, un ecclesiastico che lo aveva interpellato circa la possibilità di conciliare tra loro le affermazioni della Bibbia e il modello astronomico copernicano.


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Ho deciso di lasciare quanto segue in lingua originale perchè, a mio avviso, è più caratteristico.

Galileogalilei..gal...(cit. Crozza)

Quanto alla prima domanda ch'è stata fatta a Vostra Paternità, parmi che prudentissimamente fusso proposto e conceduto e stabilito dalla Paternità Vostra, non poter mai la Scrittura Sacra mentire o errare, possono non di meno errare i suoi interpreti et expositori, in varii modi tra i quali uno sarebbe gravissimo et frequentissimo, quando volessero fermarsi sempre sul puro senso litterale, perchè così v'apparirebbono non solo diverse contradizioni, ma gravi eresie et bestemmie ancora; poichè sarebbe necessario dare Iddio e piedi et man e occhi, e non meno affetti corporei et humani, come d'ira, pentimento, odio, e anche tal volta obblivione delle cose passate e l'ignoranza delle future.
Onde, siccome nella Scrittura si trovano molte proposizione false, quanto al nudo senso della parole, ma porte in tal guisa per accomodarsi all'incapacità del numeroso volgo, così per quei pochi che meritino d'esser separati dalla stolida plebe è necessario che i saggi expositori produchino i veri sensi, et n'additino le ragioni particolari perchè ei sieno sotto cotali parole stati proferiti.
Stante, dunque, che la Scrittura Sacra in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente bisognosa d'exposizioni diverse dall'apparente senso delle parole, mi par che nelle dispute naturali ella dovrebb'essere riserbata nell'ultimo luogo: perchè, procedendo di pari dal Verbo Divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, et questa come osservantissima executrice dell'ordini di Dio, et essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all'intendimento dell'onnoversale, dire molte cose diverse in aspetto et quando al significato delle parole, dal vero assoluto; ma, all'incontro, essendo la natura inexorabile e immutabile e nulla curante che le sue recondite ragioni et modi d'operare sieno o non sieno esposti alla capacità dell'huomini, perlochè ellamai trasgredisce i termini delle leggi inposteli, pare che quello dell'effetti naturali che la sensata esperienza ci pone innanzi alli ochi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcun esser revocato in dubbio per luoghi della Scrittura che havessero nelle parole diverso sembiante, perchè non ogni detto della Scrittura è legato a obblichi così severi com'ogn'effetto di natura. Anzi, se per questo solo rispetto, d'accomodarsi all'incapacità del popolo, non s'è astenuta la Scrittura di pervenire dè suoi principalissimi dogmi, attribuendo sin all'istesso Dio condizioni lontanissime et contrarie alla sua essenzia, chi vorrà asseverantemente sostenere ch'ella, posto da banda cotal rispetto, nel parlare ancho incidentemente di terra o di sole o d'altra creatura, habbia eletto di contenersi con tutto rigore drent'ai limitati e ristretti significati delle parole? e massime pronunziando d'esse creature cose lontanissime dal primiero instituto di esse Sacre Lettere, anzi cose tali, che dette portate con verità nuda e scoperta, havrebbono danneggiato l'intenzione primiera, rendendo il volgo più costumace alle persuasioni dell'articoli concernenti alla salute.

(A.Santini, Il caso Galilei, Torino 1995, pp- 25-26)
dal libro I giorni e le idee


Dal testo vengono fuori diversi aspetti dell'epoca: l'ignoranza del volgo nelle materie scientifiche, l'attaccamento verso la religione e alle sacre scritture.


Non mi aspetto che comprendiate tutta la lettera ma un fatto è chiaro: Galileo Galiei, come tanti scienziati prima e dopo di lui, era troppo avanti per i tempi che correvano.

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